Non ricordo di aver mai visto Atene così. Questo è uno dei commenti più diffusi online dopo la grande mobilitazione in Grecia per il secondo anniversario della strage causata dal disastro ferroviario di Tempi. La lotta dei familiari delle vittime, l’immensa partecipazione che ha inondato le strade intorno al parlamento, la rabbia contro le istituzioni responsabili della strage, la violenza brutale della polizia, la determinazione di chi resiste strada per strada. Difficile dire se nei numeri la mobilitazione sia stata più vasta delle grandi manifestazioni contro le politiche di austerità che hanno circondato più volte il parlamento greco tra 2011 e 2015. Certo il fuoco brucia ancora sotto la cenere, non solo ad Atene.
Con uno sciopero generale e manifestazioni in tutta la Grecia il 28 febbraio è stato lanciato un messaggio chiaro che ha avuto eco in tutto il mondo “Basta morti in nome del profitto”. La mobilitazione culminata nelle grandi piazze di Atene e Salonicco si è tenuta a due anni dalla collisione tra un treno passeggeri e un treno merci, avvenuta in Tessaglia nella valle di Tempi, che provocò 57 morti di cui uno disperso e 180 feriti di cui 81 gravi. Il più grave disastro ferroviario mai avvenuto in Grecia. Le impressionanti panoramiche dall’alto delle grandi manifestazioni del 28 febbraio, e ancora di più le immagini delle molotov contro la polizia schierata di fronte al parlamento ellenico in Piazza Syntagma ad Atene, hanno fatto il giro del mondo. Come si dice “hanno bucato lo schermo”, aprendo una finestra su una vicenda di cui si parla poco fuori dalla Grecia, certo perché tra i responsabili della strage ci sono anche grandi aziende di casa nostra, come Ferrovie dello Stato Italiane, che oltre a Trenitalia controlla anche Hellenic Train. Il gruppo dopotutto controlla numerose importanti aziende di trasporto ferroviario in Europa: in Spagna, Germania, UK, Francia e, appunto, in Grecia. Sono infatti vicende che purtroppo conosciamo bene, sembrano tutte uguali, in ogni paese. Si pensi alla strage del Moby Prince, alla strage di Viareggio, alla strage del Ponte Morandi. Dicono che le norme sulla sicurezza soffocano le imprese, ma poi a morire è sempre chi lavora, chi si trova a bordo. Le indagini puntano sempre per prima cosa all’errore umano. Solo se familiari e organizzazioni sindacali prendono l’iniziativa, lottando con determinazione, allora anche la giustizia istituzionale è costretta, a volte, a prendere in considerazione le responsabilità dei vertici aziendali e delle istituzioni. Per ogni vicenda ovviamente è importante ricostruire dinamiche e responsabilità, ma la drammatica realtà sociale in cui avvengono questi “incidenti”, è sotto gli occhi di tutti: sono stragi che potevano essere evitate, provocate dalla ricerca del massimo profitto e dalla naturale disorganizzazione del sistema statale. Infatti, al di là della rappresentazione mediatica degli scontri di piazza, non c’è niente di eccezionale in quello che avviene in Grecia. La situazione del trasporto ferroviario in Italia non è certo migliore, anche considerando le differenze tra i due paesi, come purtroppo testimoniano i numerosi “incidenti” degli ultimi anni.
Per la strage di Tempi si erano inizialmente avviate quattro inchieste, due sono state accorpate, delle tre rimaste, solo una ha già avuto un primo risultato. Tribunale Amministrativo di Prima Istanza di Atene il 1 febbraio scorso si è pronunciato a favore dei familiari di un controllore rimasto ucciso nel disastro. Sia OSE, l’azienda di proprietà dello stato ellenico che gestisce la rete ferroviaria, sia la Hellenic Train, controllata da Ferrovie dello Stato Italiane, gestore del servizio di treni merci e passeggeri, sono state condannate a risarcire la famiglia della vittima con 800 mila euro, perché entrambe sono ritenute responsabili di non aver garantito la sicurezza. In particolare, il giudice ha scritto che “Hellenic Train non ha garantito che un sistema di comunicazione essenziale che collega capistazione, conduttori e controllori del traffico (ferroviario) fosse pienamente e continuamente in funzione durante il viaggio dei treni che noleggia e utilizza per le sue esigenze, il che riguarda la circolazione sicura sulla rete della seconda imputata, OSE S.A., che controlla l’infrastruttura ferroviaria”. Una sentenza importante, perché riconosce, almeno in sede amministrativa, le carenze in materia di sicurezza e le responsabilità aziendali. In base al cosiddetto contratto 717, grande progetto di adeguamento infrastrutturale, siglato nel 2014 e prorogato illegalmente ben 7 volte, sulla linea avrebbe dovuto essere installato dal 2016 il sistema di sicurezza European Rail Traffic Management System (ERTMS) che avrebbe potuto prevenire l’incidente. Lo stesso sistema su cui si sono abbattuti nel 2023 in Italia 500 milioni di tagli del governo Meloni e del Ministro dei Trasporti Salvini.
Alla vigilia dell’anniversario della strage di Tempi è stato pubblicato un report di 178 pagine della Organization for the Investigation of Air and Rail Accidents and Transport Safety (EODASAAM) che ha attribuito la responsabilità del disastro a errori umani, infrastrutture obsolete e gravi carenze sistemiche. Una perizia indipendente richiesta dai familiari delle vittime, che peraltro evidenzia come l’esplosione “fireball” [‘incendio che si ha a seguito dell’innesco immediato di una certa massa di aerosol infiammabile] avvenuta nel corso dell’incidente non fosse possibile stando alle merci ufficialmente trasportate. L’inchiesta deduce quindi che doveva esserci un trasporto illegale di combustibile sul treno merci. Certo è che fin da subito le autorità hanno fatto di tutto per insabbiare il caso, rimuovendo 300 metri cubi di terra dal luogo del disastro e sostituendola con ghiaia, non prendendo le misure necessarie per proteggere prove importanti come le riprese delle telecamere di sicurezza o per assicurarsi che non venissero svolte le autopsie. Di questo insabbiamento è considerato responsabile il governo guidato da Mitsotakis. Per questo le piazze si sono riempite con rabbia e determinazione ad Atene e Salonicco, dove era presente in modo organizzato l’APO, federazione di collettivi anarchici che aderisce all’IFA, che scrive in un comunicato “Ciò che è accaduto a Tempi è stato un omicidio premeditato i cui colpevoli sono lo Stato greco e il capitale privato”. Migliaia hanno manifestato in circa 250 altre località in Grecia, ma anche in decine di città in Europa e non solo. C’è stata una manifestazione a Novi Sad, in Serbia, da cui è partito, dopo il crollo lo scorso novembre della pensilina della locale stazione dei treni che ha provocato 15 morti, un imponente movimento studentesco antigovernativo che attraversa tutto il paese. Anche là il 28 febbraio uno striscione riportava “Lo stato e il capitale uccidono”.
Dario Antonelli